guadagnare con i propri dati
Un’app fa da intermediario fra clienti e player interessati. La start-up di Silvio Siliprandi che sfrutta le novità del regolamento Ue.
Quando Silvio Berlusconi, a inizio degli anni ’80, lanciò in Italia la tv commerciale, fu molto corretto: sin da subito, infatti, spiegò agli italiani che «io vi offro gratis una tv innovativa e di qualità, voi però vi beccate gli spot pubblicitari». Negli anni di internet, invece, sono nati alcuni colossi «con modelli di business non trasparenti. Facebook, ad esempio», sottolinea Silvio Siliprandi, ex presidente e a.d. di Gfk Eurisko e attuale founder e ceo della start-up Hoda, «non ha mai spiegato agli utenti in maniera trasparente che i loro dati sarebbero andati in giro per il mondo. Non ha mai illustrato chiaramente il suo modello di business, cosa voleva in cambio della sua offerta social. E quindi col web una decina di persone o poco più sono diventate miliardarie senza condividere nulla e con modelli di business chiusi, non trasparenti, del tutto contrari allo spirito con il quale internet era nato».
Il regolamento Ue 2016/679, quello sul trattamento e la libera circolazione dei dati personali che dal 25 maggio sarà applicabile in tutti gli stati membri, offre ai cittadini molte nuove possibilità circa la tutela e la messa a frutto dei propri dati. E Siliprandi, insieme ad alcuni partner tecnologici come Lifetech, DsTech, Neodata, e altri partner industriali e finanziari in via di defi nizione, ha lanciato la start-up Hoda con un investimento di alcuni milioni di euro. Il primo asset operativo di Hoda si chiama Weople, ed è sostanzialmente una app: «Ci stiamo già giocando la nostra libertà, autonomia e privacy cedendo i nostri dati senza avere nulla in cambio», dice Siliprandi, «con un mercato dei dati che nel 2020 varrà 200 miliardi di euro nel mondo, e che già ora vale 2,3 miliardi di euro in Italia, o 1,6 miliardi al netto delle research di Google, con una crescita del 10% all’anno. I dati hanno un valore e sono usati e scambiati per la comunicazione, lo studio di nuovi prodotti o servizi ecc.
E, peraltro, in Italia ci sono altri 7 miliardi di euro investiti in comunicazione non digitale ma che presto, nel giro di 5-6 anni, diventeranno anch’essi digitali con le smart tv ecc.». Siliprandi propone quindi ai cittadini di mettere in sicurezza i loro dati, e, nel caso, di farli fruttare. «I dati sono nostri, li produciamo noi. E allora abbiamo pensato a Weople, una sorta di banca di investimento dei dati personali, un intermediario tra chi ha i dati e i player del mercato. Siamo in primis dalla parte dei cittadini. Ogni cittadino può versare i suoi dati, quelli che vuole, su una sorta di conto corrente. Puoi depositare, ad esempio, tutte le tue carte fedeltà e decidere che uso fare dei dati che Esselunga o altri raccolgono, ma che sono tuoi. Puoi avere la tua cassetta di sicurezza dei dati dei social, da Facebook a Instagram; un caveau con i dati del tuo account Amazon, oppure della società telefonica con cui hai un contratto; un’altra cassetta di sicurezza per i dati di Google Android, Ios, per quelli della tua carta di credito, del tuo conto corrente bancario. Tutti questi dati sono del singolo cittadino che, ripeto, può bloccare e proteggere, attraverso Weople, l’utilizzo dei dati stessi da parte di chiunque». Iscriversi a Weople non costa nulla, e, anzi, può fruttare soldi: «Le aziende, infatti, proporranno offerte e sconti personalizzati, e pagheranno per poter raggiungere un target specifico, realizzando un marketing one to one di massa che noi possiamo mettere a disposizione aggregando i dati. Non si dà fastidio alle persone con il retargeting», prosegue Siliprandi, «non si inquina la comunicazione, si fanno risparmiare le aziende, che non sprecano budget di marketing su pubblici non interessati. Poniamo che Weople, alla fine dell’anno, incassi 100 di ricavi: il 10-15% andrà a ripagare i costi per il funzionamento della piattaforma, ma tutto il resto verrà diviso al 95% tra gli iscritti, e al 5% tra i soci di Weople. I dati personali, quindi frutteranno soldi ai titolari di quei dati, e non a Mark Zuckerberg». Quanto frutteranno? «Impossibile rispondere.
Magari una azienda paga 20 centesimi di euro a contatto. Dipende se uno è o non è appetibile come target, e da quante volte le aziende chiedono di poterlo contattare. Ma tutto sarà trasparente». Il sistema Weople, al via tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, inizierà ad avere un senso con 100 mila iscritti, ma «per giocare bene ne serviranno almeno 500 mila. Non ci diamo limiti, e puntiamo al 30% di chi sta online in Italia, ovvero circa 7 milioni di persone». Ci sarà anche una campagna di comunicazione digitale a cura di Cayenne, ma «contiamo molto sul dibattito in corso, poiché il tema della protezione dei propri dati andrà avanti». Hoda, che ha sede a Milano in via Tortona 9, impiega al momento otto persone, che saliranno a 20 entro la fine dell’anno. E, per il modello di governance che si è dato, «sarà di proprietà di chi ci lavora, mentre i partner esterni non potranno avere più del 33%». Oltre a Weople, Hoda sta creando pure il panel Lifekosmos, integrato con la app (ma il recruitment del panel non sarà fatto all’interno degli iscritti di Weople), che «garantirà ai correntisti di Weople di spuntare il massimo valore dei dati sul mercato, e ai clienti di Hoda (aziende, editori, agenzie di comunicazione, ndr) di avere una visione completa e omogenea delle persone». Il panel, peraltro, verrà dotato di un meter per monitorare pure l’esposizione ai media, «ma non ci frega nulla di Nielsen, Auditel, Ter ecc.», conclude sorridendo Siliprandi.